In 140 caratteri non ci sono solo parole, ma a volte vi si trovano distillate storie lunghe e affascinanti. Scoprirle e imparare a leggerle è la parte che più m’innamora di Twitter. Per questo sono un po’ emozionata e non mi dilungo nell’introduzione, ma lascio parlare @gmiritello e la sua storia fatta di tweet, grandi numeri e legami tra le persone.
È da anni ormai che parte importante del mio lavoro consiste nell’analisi di dati provenienti da reti sociali, sia online come Twitter o reti di e-mail che offline come, ad esempio, dati di chiamate telefoniche (non preoccupatevi, questi ultimi dati sono totalmente anonimi ed è quindi impossibile conoscere tanto l’identità degli utenti quanto il contenuto delle comunicazioni).
Ogni volta che inviamo una email, scriviamo su un blog, pubblichiamo qualcosa su Facebook o Twitter, mandiamo un messaggio o facciamo una telefonata a qualcuno, una nuova traccia elettronica viene inevitabilmente prodotta all’interno di qualche database.
Questi dati, a cui spesso si fa riferimento con con il termine “Big Data” proprio per indicarne l’enorme mole, costituiscono una fonte importantissima per studiare il modo in cui comunichiamo, ci muoviamo, cerchiamo notizie, partecipiamo e reagiamo a fenomeni collettivi come calamità naturali, elezioni politiche, manifestazioni sociali o culturali etc.
In questo tipo di studi ovviamente non interessa il comportamento di un singolo individuo quanto, piuttosto, quello globale, il modo cioè in cui in cui milioni di persone, comunicando e muovendosi in modo apparentemente indipendente e aleatorio, riescono invece a dar vita a fenomeni collettivi molto più ordinati e prevedibili di quanto si possa immaginare.
Ciò che più mi affascina di questo tipo di studi e del mio lavoro è la grandissima quantità di storie che spesso si nascondono dietro ai dati. Si inizia con una domanda, un piccolo dubbio, una curiosità e ci si ritrova con una vera e propria storia tra le mani.
Uno dei nostri studi più recenti, ad esempio, ci ha portato a dover rispondere alla seguente domanda: con quante persone siamo in grado di mantenere una relazione nel tempo? Una domanda semplice semplice dalla risposta un po’ più complessa. Non parlo infatti di quanti contatti abbiamo nella rubrica di posta elettronica, del numero di “amici” che abbiamo su Facebook o di followers su Twitter, ma di persone con le quali realmente abbiamo un certo tipo di relazione, gente con la quale abbiamo avuto una relazione nel passato e l’avremo nel futuro, persone con le quali condividiamo informazioni, idee, opinioni.
Capire con quanta gente siamo in grado di comunicare è un punto centrale nello studio delle reti sociali, soprattutto per le loro possibili applicazioni. Basti pensare ad esempio a strategie commerciali e di marketing, o alla propagazione di virus informatici o epidemie o ancora a come idee, notizie, opinioni sociali e politiche si trasmettono nella società.
Tutti questi fenomeni hanno alla base la stessa domanda: a quante persone siamo in grado di comunicare o trasmettere qualcosa? Poco importa se questo qualcosa è poi un’opinione commerciale, una notizia o un’idea politica.
Rispondere a questa domanda non è banale soprattutto perchè è molto difficile, a partire dai dati, riuscire a distinguere relazioni occasionali – gente che conosciamo, con la quale comunichiamo durante poco tempo e che presto dimentichiamo – dai contatti abituali, ovvero relazioni stabili nel tempo, con cui probabilmente condividiamo la maggior parte di informazioni che riceviamo.
La principale difficoltà sta nel fatto che il modo in cui comunichiamo con ognuno dei nostri amici, conoscenti o familiari è molto eterogeneo nel tempo. Questo vuol dire che non parliamo tutti i giorni con tutti i nostri amici ma piuttosto periodi di intensa comunicazione sono seguiti da periodi di totale inattività.
Dato che spesso i dati che si hanno a disposizione si riferiscono a brevi periodi temporali (ordine di mesi) è quasi impossibile capire se una relazione tra due persone è stata interrotta o se semplicemente stiamo osservando un periodo di inattività tra di loro. Per questo nella nostra ricerca abbiamo analizzato un database relativo a quasi 2 anni di comunicazioni tra 20 milioni di persone, che rappresenta un periodo abbastanza lungo da permetterci di identificare con la maggior precisione possibile il numero di relazioni che siamo in grado di mantenere.
Ma andiamo ai risultati, che sicuramente sono la parte più interessante. Ognuno di noi è in grado di mantenere un numero di relazioni limitato, che si mantiene costante nel tempo. Mantenere una relazione con qualcuno, infatti, ha un costo cognitivo, di tempo, monetario, etc. Ciò che succede è che nel momento in cui qualcuno entra a far parte della nostra vita c’è un’alta probabilità che smettiamo di parlare con un vecchio contatto, proprio perchè il nostro tempo e la nostra attenzione sono quantità finite. Di conseguenza, il numero di persone che forma parte del nostro cerchio sociale più o meno si conserva in ogni istante.
Questo numero di relazioni ovviamente cambia da persona a persona. Cosi come del resto la nostra esperienza quotidiana ci suggerisce, mentre qualcuno è in grado di mantenere tante relazioni sociali, qualcun altro riesce invece a gestirne pochissime. In particolare, vediamo che esistono essenzialmente due tipi di persone: quelle che riescono a mantenere una relazione con la maggior parte dei loro contatti -che noi chiamiamo social keepers– e persone che, invece, mantengono solo un piccolo nucleo di relazioni stabili rispetto al numero di contatti occasionali che riescono ad avere –social explorers-.
Ma la cosa che più mi ha colpito del nostro studio è che, indipendentemente dal numero di persone con cui comunichiamo costantemente, questo numero diminuisce con l’età: in media gli adolescenti mantengono più relazioni stabili rispetto ai trentenni e questi, a loro volta, ne mantengono più dei quarantenni e così via.
Affascinata e incuriosita ho iniziato allora a cercare bibliografia su studi di reti sociali e antropologia e a leggere di tempo, amicizie e cambiamenti di priorità con l’età.
Ed è così che ho scoperto una teoria conosciuta come “Socioemotional selectivity theory“, secondo la quale il numero di gente con cui ci relazioniamo è legato ai nostri obiettivi e priorità, che ovviamente cambiano con l’età. E cambiano con l’età perché, con l’età, cambia il modo in cui percepiamo il nostro tempo. Da adolescenti non avvertiamo i limiti del nostro tempo e le nostre priorità sono fare nuove esperienze e conoscenze. Niente è ben definito, abbiamo tempo per tutto e, soprattutto, per tutti. Vogliamo fare tutto, essere tutto, cambiare il mondo, ci rendiamo disponibili per qualsiasi cosa, non siamo molto selettivi con la gente che vediamo e abbiamo grandi gruppi di amici.
Man mano che diventiamo grandi iniziamo a percepire i limiti del nostro tempo e ad orientare le nostre priorità più al presente che al futuro. Adesso infatti ciò che più ci interessa sono i legami emozionali, gli amici quelli veri, la famiglia. Siamo più selettivi, vogliamo trascorrere il nostro tempo con gente che ci piace davvero, dedicarci a persone e cose a cui davvero teniamo. Non c’è tempo da perdere. Come conseguenza il numero di persone con cui costantemente comunichiamo diminuisce.
Questo ovviamente non vuol dire che smettiamo di conoscere persone nuove. Per qualcuno di noi infatti succede proprio il contrario: più cresciamo più gente conosciamo, ma molti sono contatti occasionali o di lavoro, mentre il nostro cerchio sociale, quello che contiene le persone con cui comunichiamo costantemente, si rimpicciolisce.
Ed ecco la storia che questo risultato mi ha subito ricordato. Sotto forma di numeri e grafici mi son trovata davanti uno dei pensieri che Ingeborg Bachmann esprime nel suo racconto “Il trentesimo anno” in cui parla del passaggio dalla giovinezza alla maturità.
“Prima di allora aveva semplicemente vissuto alla giornata, ogni giorno tentato qualcosa di nuovo, senza ombra di malizia. S’immaginava di avere innumerevoli possibilità e credeva, per esempio, di poter diventare qualsiasi cosa [..]. In ogni occasione aveva detto di sì, a un’amicizia, a un amore, a una proposta, ogni volta per prova, su richiesta. Il mondo stesso gli pareva revocabile, lui stesso revocabile …”.
Siciliana. Laureata in fisica teorica all’Università di Catania.
Da quasi 5 anni vivo a Madrid dove mi sono trasferita per un fare dottorato su sistemi complessi e reti sociali all’interno di una collaborazione tra l’Università Carlos III di Madrid e Telefonica Research.
Analizzare dati provenienti da diverse reti sociali per capire il modo in cui comunichiamo e trasmettiamo informazioni ed opinioni sta alla base della mia ricerca di dottorato, pubblicata da Springer e disponibile qui.
Dopo aver completato il dottorato ho trascorso tre mesi a Mountain View, nel cuore della Silicon Valley, dopo essere stata selezionata per un corso intensivo su analisi e visualizzazione di dati che ha anche lo scopo di avvicinare la ricerca accademica al mondo delle grandi compagnie.
Da qualche mese sono tornata a Madrid dove lavoro come Data Scientist a Telefonica Research in un progetto legato al modo in cui ci muoviamo, con tante applicazioni nel campo sempre più attraente delle “città intelligenti“.
– Just for the record..immagini di Daniel Libeskind e Jackson Pollok 😉 –
Interessante questo studio. Devo dire, però, che io sono sempre stato un animale asociale e che solo negli ultimi anni sto diventando sociale e creando relazioni, ok, molte sono online, ma qualcuna è salda e c’è in programma anche una conoscenza reale.
Ma anche nella vita reale sto frequentando più persone del passato e sì che ormai sono negli “anta” e m’avvicino sempre più ad altri, brutti “anta”.
Concordo invece con la quantità finita di persone con cui poter relazionarsi in modo stabile continuativo: il tempo è quello.
Grazie per il commento Daniele. Qui trovi l’articolo originale: http://arxiv.org/pdf/1305.3865.pdf per saperne di più.
Ovviamente i risultati sono lo specchio del comportamento medio e, cosi come in tutto del resto, ci sono sempre gli outliers :), per fortuna direi. Più che l’attività, comunque, quello che cambia con l’età è la frazione di contatti stabili rispetto a tutte le persone che vai conoscendo..